Nonostante sia un farmaco che si utilizza da ormai 70 anni, la metformina è ancora oggi il farmaco di prima scelta nel diabete mellito di tipo 2.
Appartenente alla categoria dei biguanidi, è un derivato sintetico di un estratto della pianta Galega Officinalis che fin dal Medioevo è nota per le sue proprietà curative.
Nei nostri studi capita non raramente che, durante la visione delle analisi di controllo di un nostro paziente, notiamo una glicemia alta e si faccia diagnosi di diabete.
Negli ultimi anni sono usciti moltissimi nuovi farmaci per il diabete e da poco è stata emessa la nota 100 dall’AIFA, che consente di prescrivere alcuni di questi senza piano terapeutico (formalità burocratica assai poco gradita dai medici e presente sono in Italia).
Ma anche quest’anno, le linee guida della Società Italiana di Diabetologia (e non solo) pongono come sempre al primo posto la metformina.

Come si usa la metformina?
La metformina si trova in pastiglie e in diversi dosaggi.
Si inizia spesso con una o due pastiglie da 500 mg, e a seconda delle necessità, si può arrivare anche a 3 grammi al giorno, da sola o con altri farmaci.
Effetti collaterali?
I tipici effetti collaterali della metformina riguardano l’apparato gastrointestinale. Può dare gonfiore, nausea, dolore addominale, diarrea, sapore metallico.
Va però detto che uno dei tanti motivi per cui viene utilizzata così spesso è perché è molto raro che dia ipoglicemie, a differenza di altri farmaci per il diabete.
Metformina: non solo diabete
Questo farmaco, oltre a far abbassare la glicemia, ha anche delle proprietà davvero interessanti.
La sua somministrazione infatti ha evidenziato una importante riduzione di infarti e mortalità coronarica nel tempo (sino anche al 50%), secondo un enorme studio di un po’ di anni fa. Quindi possiamo dire che ha effetti cardioprotettivi.
Ma un aspetto davvero sorprendente della metformina riguarda l’invecchiamento: sembra infatti, in base ad alcuni studi, che rallenti il progredire del tempo nel nostro corpo.

C’è un progetto della AFAR, una società americana di ricerca sull’invecchiamento, che dal 2016 sta conducendo uno studio clinico proprio sulla metformina e l’invecchiamento (TAME).
Il TAME (Targeting Aging with Metformin) Trial sta lavorando e raccogliendo dati per dimostrare che l’invecchiamento può essere trattato, proprio come trattiamo le malattie (e non sarebbe rivoluzionario questo?). Sta coinvolgendo 3.000 persone tra i 65 e i 79 anni.
C’è un altro trial clinico, il MILES (Metformin in Longevity Study) che si sta occupando di questi aspetti, anche se con meno pazienti reclutati.
Ormai sembra sempre più chiaro che la metformina può influenzare i processi metabolici e cellulari che sono associati allo sviluppo delle condizioni legate all’età, ritardando a quanto pare l’insorgenza di molte importanti malattie.

La meftormina si candiderebbe quindi come farmaco per rallentare l’invecchiamento e le sue complicazioni, sia per la sua ottima tollerabilità, per la sua sicurezza di impiego e anche per il suo bassissimo costo.
Attendiamo maggiori sviluppi!
Gent.mo dottore ho seguito il suo intervento sulla metformina in quanto in passato (più di 12 kg fa) mostravo valori di glicemia alti ma non troppo. Poi ho iniziato a fare attività fisica regolare e “il diabete di tipo 2” è sparito. Ero però istintivamente interessato alla metformina (e come ben ricordato da lei) appena un filino di glicemia si profila all’orizzonte subito viene prescritta la metformina forse un po’ troppo rapidamente… non sarebbe male spingere per una corretta alimentazione e una regolare. attività fisica (non intendendo per tale solo l’andare in palestra)? Ma questo è un altro discorso, sopratutto se gli studi di cui ha parlato dovessero essere confermati. Veniamo ora alla domanda legato al mio comportamento: ho accettato subito la metformina perché avevo letto che NON è un ipoglicemizzante (ecco perché non c’è pericolo di ipoglicemia) ma, se mi passa il termine, è un catalizzatore dell’efficenza dell’azione della insulina naturalmente prodotta dal nostro pancreas. E’ vero o ho letto male o ho letto un documento scritto da un dilettante? La ringrazio!
Buongiorno, nella nostra esperienza e in generale prima di iniziare una terapia per “un’alterata glicemia a digiuno” si intraprendono sempre tentativi riguardanti lo stile di vita, dall’alimentazione all’attività fisica.
Dice bene, non è un ipoglicemizzante, ma agisce sia sul fegato riducendo la produzione di glucosio (lo zucchero che misuriamo nel sangue come glicemia) e pare proprio anche sull’insulina, aumentandone l’efficacia (e quindi il riassorbimento di glucosio e conseguente riduzione della glicemia).
Spero di avere chiarito i suoi dubbi.
Buona giornata!